In questi giorni riaprono le scuole di ogni ordine e grado in tutta Italia. La necessità di un mi-glioramento generale dell’istruzione italiana è un tema fondamentale che va affrontato oggi an-cor più che un tempo visti i pessimi risultati ottenuti dai test invalsi rispetto al resto d’Europa. Suor Anna Monia Alfieri ci illustra la sua formula al problema.
Tra oggi e metà settembre apriranno tutte le scuole, pubbliche statali (7.717.308 studenti) e pubbliche parita-rie (1.109.585).
Quest’anno per chi suona la campanella? Una richiesta di coerenza al Governo del cambiamento. Il popolo italiano si aspetta che sia sanato un sistema scola-stico di fatto Classista, nella misura in cui non permette anche al povero di poter esercitare la libertà di scelta edu-cativa in un pluralismo formativo; Re-gionalista, perchè a fronte di una regione come la Lombardia, che è ben oltre i parametri europei OCSE, altre, as es. la Campania e la Calabria, sono molto al di sotto, il che sospinge l’Italia agli ultimi posti OCSE; Discriminatorio, a) nei con-fronti della classe docente che – nono-stante la Costituzione affermi il diritto all’esercizio della libertà di insegnamen-to – si trova, a parità di titolo, a dover percepire uno stipendio inferiore se sce-glie di insegnare in una scuola pubblica paritaria rispetto alla scuola pubblica statale; b) verso gli studenti portatori di handicap ai quali, se scelgono la scuola pubblica paritaria (che per legge dello Stato Italiano fa parte del sistema nazio-nale di istruzione), non verrà ricono-sciuto il docente di sostegno come av-verrebbe presso la scuola pubblica stata-le.
L’Italia che pensa e che lavora – e che voterà a ragion veduta – pacatamente non demorde.
La Costituzione garantisce al cittadino italiano il diritto alla libertà di scelta educativa e, sulla carta (L.62/2000), un genitore può scegliere la buona scuola pubblica che desidera, statale o parita-ria.
A seguire della Costituzione Italiana: la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, articolo 26, afferma che i genitori “hanno diritto di priorità nella scelta di istruzione da impartire ai loro figli”. Stesso concetto dall’Unesco (1966), e dalla Comunità europea (1984). Ma in Italia il cittadino povero, che già contribuisce all’erario per la sua parte, deve pagare in più ciò che gli spetterebbe di diritto… quindi non è libero. La scuola pubblica paritaria – solo in Italia (e in Grecia) – ha un costo troppo alto per le tasche dei poveri: tas-se per lo Stato e retta per la scuola. La Costituzione – su questo punto – è let-tera morta. La legge 62/2000 afferma giustamente che il sistema scolastico italiano è costituito da scuole pubbliche statali e da scuole pubbliche paritarie, perché “pubblico” non è sinonimo di “statale”.
L’Ospedale San Raffaele è pubblico, ma non è statale. Il cittadino paga un ticket e si cura dove vuole. Ma il cittadino po-vero non può scegliere dove educare il proprio figlio.
Due i richiami fatti all’Italia da parte dell’Unione Europea: flatus vocis. Eppu-re nella laicissima Francia, dove lo Stato paga gli insegnanti delle scuole paritarie come quelli delle scuole statali, le rette sono bassissime, a motivo dei finanzia-menti ricevuti anche dalle amministra-zioni locali.
In Italia: ogni studente della scuola pub-blica statale riceve (cioè costa al contri-buente) più di 7.000,00 euro all’anno; lo studente della scuola pubblica paritaria primaria riceve circa euro 450,00.
Quello della pubblica paritaria seconda-ria di I e II grado costa al contribuente statale 50,00 euro all’anno: si potrebbero devolvere alle opere buone dello Stato. Si tratta circa di un milione di studenti: quanto costerebbero allo Stato se de-fluissero tutti nella sola scuola pubblica statale, come una delle due anime dell’attuale governo (l’altra no) ardente-mente desidera? Sette miliardi di euro all’anno. Senza contare, oltre al tracollo economico dello Stato, il danno del regi-me totalitario.
Legittima domanda: ma tutti quei soldi spesi per la scuola pubblica statale portano al mi-glioramento dell’apprendimento? Risposta: secondo i test PISA 2015, l’Italia si collo-ca al 23° posto per le abilità scientifiche e al 24° posto per le abilità di lettura. Mala gestione delle risorse dello Stato, dunque, a spese del contribuente. La mancanza di libertà e di confronto, e quindi il regime di monopolio nella cul-tura – e nell’educazione -, non pagano mai.
In questa situazione, l’unica alternativa possibile alla paralisi del sistema scola-stico pubblico tutto, statale e non stata-le, è la definizione di un costo standard per alunno, presente nel programma della Lega oggi al Governo e pertanto le si domanda: “Che fine hai fatto, su que-sto punto?”, come si domanda ai penta-stellati: “Perché il povero in Italia non può scegliere dove educare il figlio?”.
Lo studio è fatto sulla base di dati reali, presi da esempi virtuosi di gestione. Le famiglie, sulla base della definizione del costo standard, ricevono dallo Stato un voucher spendibile o per la scuola pub-blica statale o per la scuola pubblica paritaria.
Lo Stato farà il suo mestiere: essere ga-rante della libertà dei cittadini di educa-re i propri figli nella buona scuola pub-blica che desiderano per loro. Le scuole pubbliche di qualità – statali e paritarie – saranno scelte; le altre lo saranno solo in caso di miglioramento della loro qua-lità. Forse, in tal modo, non sarà neces-sario reintrodurre il servizio militare “per educare i figli, visto che i genitori non lo fanno”; probabilmente, il livello culturale e comportamentale del cittadi-no italiano si eleverà oltre l’aggressione ai docenti e ai medici nelle corsie ospe-daliere e oltre gli insulti al microfono, da parte del personale di bordo, in un mez-zo pubblico pagato dai contribuenti. E forse anche la classe politica ne trarrà giovamento, persino nel linguaggio. For-se.