Il 26 ottobre si è svolto a Rivoli, in provincia di Torino, il secondo Miky’s Day, una giornata dedicata a Michele Ruffino, una delle troppe vittime del bullismo. Maria Catambrone Raso, madre di Michele ha portato su Punto di Vista la propria testimonianza.
Che paradosso che è la vita, che strazio sopravvivere al giorno, con la speranza che mai il sole possa tramontare, perché il buio mi terrorizza, il buio mi fa sprofondare nella solitudine e in quel grande vuoto che hai lasciato nelle nostre vite.
Quando arriva la notte la mia mente inizia a vagare, stringo forte gli occhi nella speranza di poterti abbracciare, in quel posto sconosciuto e tutto nostro, in cui nessuno può entrare. Spero di sognarti, spero di dormire, spero di svegliarmi con te accanto, ma i pensieri schizzano via veloci, in un turbinio di parole che non mettono fine all’angoscia.
E così, anche il letto diventa un posto scomodo, freddo, in cui non posso trovare pace per la mia anima inquieta, né per far riposare il mio corpo. E allora mi alzo, vado in cucina, inizio ad impastare e a preparare dolci, ed è solo così che, attraverso le mie mani, tengo in vita le tue passioni, e faccio in modo che quello che hai lasciato non rimanga un posto vuoto. Siamo “orfani” di te e questa è la cosa più innaturale che possa esistere! Non si può pensare al futuro che muore, soprattutto quando quel futuro è fatto di sogni, di speranze, di rispetto, di educazione, di bellezza e grazia. Tutti i giorni la disperazione si mischia alla rabbia, in una gincana di sentimenti che mi costringere a vivere in assenza di equilibrio, in un presente precario ed incerto e, molte volte penso che, forse, non ho più un motivo per vivere. Poi, però, in qualche modo, mi fai sentire che sto sbagliando, che devo andare avanti, che non posso farti andare via così. Per questa ragione è nata la tua associazione, Miky Boys, in cui quotidianamente io, il papà e tua sorella diamo voce alle tue urla, che come echi silenziosi, devono riverberare nelle coscienze di tutti. Un giornale dice che ti sei tolto la vita perché eri stanco di vivere, scagionando così, chiunque, da ogni responsabilità, scaricando, ancora una volta, tutto su di te. Beh, sappi, caro figlio mio che questo non accadrà più, perché se anche fosse la mia ultima battaglia, la combatterò strenuamente. Mi confronto tutti i giorni con la cattiveria della gente, con l’indifferenza, con la falsità, ma non me ne curo, perché è proprio quella che combatto, perché è quella che ti ha fatto morire. Mi criticano perché non sono in grado di gestire il dolore senza sbandierarlo ai quattro venti, mi dicono che così, sono diventata famosa…. Quante cose mi dicono! Parole per dar fiato alla bocca, parole inconsistenti che giudicano perché non provano.
E’ facile giudicare da fuori, ma prego signori, accomodatevi, cedo volentieri il mio posto a chiunque lo volesse, perché l’unica cosa che oggi vorrei, sarebbe riavere indietro mio figlio. Ma non si può tornare indietro, le parche hanno deciso troppo presto di recidere i fili della vita del mio angelo, e così mio malgrado, mi devo tenere questo maledettissimo posto. Non potrò mai cancellare il dolore, ma cerco attraverso di esso, di far vedere quanto possa essere devastante una perdita, quanto possa essere invalidante l’assenza di un figlio.
Passo intere giornate in treno, in auto, in aereo, vado dove chiedono di te, vado nelle scuole perché tu possa continuare a vivere attraverso quei ragazzi che, con il tuo stesso straziante dolore, possano capire che c’è sempre un altro modo, che c’è sempre un’altra possibilità. Attraverso i loro occhi vedo un po’ della tua luce, e il dolore si mitiga un po’. Ogni anno festeggerò il tuo compleanno, ogni giorno dirò il tuo nome, e se mi terrai per mano, faremo di tutto perché non ci siano MAI PIU’ MICHELE.